martedì 9 luglio 2013

L’era della trasparenza tra obblighi di legge e necessità sociale



Dopo oltre 20 anni dalle riforme introdotte con le legge n. 142 e n. 241 del 1990, l’idea dell’amministrazione “casa di vetro” (che, causa anche resistenze interne ed esterne alla PA, è risultata nel tempo ridimensionata fino al suo sostanziale annullamento) è ancora ben lontana dall’essere realizzata.

In quegli anni la trasparenza coincideva con il “diritto di accesso agli atti e documenti amministrativi”: un diritto riconosciuto esclusivamente a chi avesse dimostrato di avere un “interesse concreto” e “giuridicamente rilevante” che non poteva in alcun caso sostanziarsi in una forma di controllo generalizzato dell'operato dell’amministrazione.

Dal 1990 ad oggi sono cambiate molte cose: l’evoluzione tecnologica e l’esigenza di ricostruire un nuovo rapporto Stato-cittadino, hanno reso molto presto evidente quanto fosse limitata la visione del legislatore del secolo scorso sul tema della trasparenza.
Inizia così un percorso di “riammodernamento” dell’istituto che porta all’approvazione di una serie di normative che portano da ultimo a introdurre il concetto di “accessibilità totale” e l’obbligo di pubblicazione di una serie di informazioni e dati: si configura così una sorta di mutazione genetica del concetto di trasparenza che segna la distanza, sul piano giuridico, con l’istituto dell’accesso.
Con il D. Lgs. 150/2009 infatti la trasparenza si pone al di fuori dello schema procedimentale in senso stretto, e diviene modello orientato all'open government, capace di favorire “forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità".
Ed è proprio di questi anni il tentativo del Governo Italiano - sollecitato anche da gruppi di esperti della società civile (Associazione Italiana per l’Open Government, Spaghetti Opendata, Agorà Digitale, etc. ) - di ridefinire il rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadino, basandolo su tre fondamentali elementi: Trasparenza; Partecipazione, Collaborazione.

Il Decreto Legislativo 20 marzo 2013 n. 33 nasce in questo contesto per ribadire il concetto di “accessibilità totale” riordinare e ampliare gli obblighi di informazione e pubblicazione nelle pubbliche amministrazioni. Ma le novità del D. Lgs. 33 non riguardano il riordino né l’ampliamento degli obblighi di pubblicazione:


1. Il diritto di accesso civico 

La nuova legge riconosce a “chiunque" il nuovo diritto di “accesso civico” alle informazioni e dati per i quali non si sia provveduto alla pubblicazione. E’ un diritto svincolato da quei requisiti di legittimazione che caratterizzano l'accesso della L. 241/1990; è azionabile gratuitamente senza formalità, senza necessità di motivare l'istanza, senza dover dimostrare l'utilità dell'atto rispetto ad esigenze difensive del richiedente. Il diritto di accesso civico riguarda tutti i documenti, le informazioni e i dati che in base alla "normativa vigente" devono essere pubblicati: non quindi diritto limitato agli obblighi scaturenti dal D.Lgs. 33/2013, ma esteso, ad esempio, agli atti e documenti oggetto di pubblicazione all'albo pretorio (obbligo scaturente da altra normativa) Anche se siamo ben lontani da quell’approccio culturale di oltre oceano conosciuto con il nome di FOIA (Freedom of Informaction Act) , si tratta comunque, almeno sulla carta, di un sistema certamente innovativo, in grado di "costringere dal basso" le amministrazioni ad assicurare la pubblicità che la legge prescrive, mettendo il cittadino al centro e in condizione di chiedere, valutare, partecipare. 

2. Il diritto ai dati aperti (opendata) 
Documenti, informazioni e dati previsti dalla normativa devono essere pubblicati in formato di tipo aperto (art. 7) e sono riutilizzabili con obbligo di citarne la fonte e rispettarne l'integrità. Trasparenza e apertura del dato sono concetti diversi. Se è vero che l’apertura del dato include la trasparenza, non necessariamente è vero il contrario. L’importanza e la portata innovativa di questa disposizione non sembra ancora essere ben compresa nelle pubbliche amministrazioni. La scelta dei dati aperti contribuisce infatti a sviluppare un approccio culturale (prima ancora che tecnologico o giuridico) e proietta la trasparenza amministrativa verso un nuovo paradigma: una trasparenza non più solo “prodotto” delle amministrazioni, ma da realizzarsi anche da parte di terzi, con l’elaborazione delle informazioni rese disponibili dalle PA. Associazioni non profit, istituti di ricerca, media, divengono mediatori della trasparenza tra istituzioni e cittadini. In tale prospettiva il riutilizzo delle informazioni del settore pubblico assume un ruolo strategico che va assicurato eliminando gli ostacoli di tipo tecnico (legati ad esempio al formato utilizzato) e giuridico (relativi alla licenza d’uso) che ne impediscono o ne limitano la possibilità di riutilizzo.

3. Qualità dei dati
 

Qualità dei dati è: integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità e conformità dei dati ai documenti originali. La previsione vuole responsabilizzare le amministrazioni nella gestione dei dati ed evitare le cosiddette “forme di opacità per confusione”, in cui la mole o le modalità di pubblicazione dei dati rendono impossibile ai cittadini reperire ciò che interessa.

Detto questo, l’idea della pubblica amministrazione “casa di vetro” si scontra, oggi come allora, con solide resiste interne ed esterne alla PA.
A circa tre mesi dall’entrata in vigore della legge 33/2013, un mappa mette in rilievo l’inottemperanza della gran parte delle pubbliche amministrazioni agli obblighi di legge; né il singolo cittadino appare, per ora, particolarmente interessato (o, forse, informato) sul suo diritto ad essere informato e, soprattutto del suo diritto di accesso civico.

Ma ciò che conta davvero per una trasparenza effettiva è la pubblicazione online di obiettivi, risorse impiegate e risultati raggiunti, anche dal punto di vista dell’efficacia delle azioni (outcome): la domanda non è più “quanto ci costa?”, ma “quanto si spende rispetto agli altri e, a parità di spesa, qual è il livello dei servizi erogati?”.

La risposta presuppone che, accanto ad un sistema efficace di trasparenza, si crei un circolo virtuoso fatto di ascolto dei cittadini, benchmarking, misurazione delle performance e comunicazione dei risultati. Da tutto questo si è ancora lontani.

Alla crescita esponenziale di obblighi normativi, direttive e circolari, non è seguito un vero cambiamento dentro la pubblica amministrazione: gli enti "più virtuosi” hanno sì adempiuto agli obblighi di “trasparenza statica”, ma si son ben guardati dal collegare risorse impiegate - risultati raggiunti per dare risposta alla domanda: Dove sono andati e cosa hanno prodotto i soldi che ho fornito con le tasse?”.
E mentre la società civile va avanti, innova e si trasforma; e gruppi di esperti rendono disponibile la loro conoscenza per l’Open Government Partnership, nella Pubblica Amministrazione la Presidenza del Consiglio deve ricordare a Ministri e Sottosegretari che – entro il prossimo 28 luglio – sono obbligati a pubblicare on line i propri redditi e la propria situazione patrimoniale.

E si attende ancora di vedere pubblicati sui siti istituzionali i nominativi del Responsabile della Trasparenza e del Responsabile della prevenzione della corruzione.

Tutto pare ruotare attorno a un errore di fondo dell’impianto normativo: non si è voluta riconoscere la competenza della comunicazione istituzionale ad assolvere alla funzione di Responsabile della Trasparenza, attribuita , invece, in capo agli operatori del diritto che si limiteranno ancora una volta ad affrontare il problema in termini formali e di interpretazione giuridica: con l’obiettivo, spesso, di restringerne il campo di applicazione.

C’è invece urgente bisogno di una più ampia visione tesa a sensibilizzare la comunità interna alla PA verso una nuova cultura della trasparenza e un nuovo rapporto con il cittadino: perché in fondo, la Trasparenza non è altro che un rinnovato patto di relazione e di fiducia tra Stato e cittadini.

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